di Alistair Castagnoli
INTRODUZIONE: COSA ACCADE SOTTO PRESSIONE
Come visto nell’articolo precedente (si veda
http://parliamodibaskete.blogspot.it/2015/06/la-decisione-sportiva-pensare-alla.html),
la causa principale che innesca il fenomeno del choking (ossia l’incapacità di
mantenere la performance al proprio livello anche sotto pressione) in un atleta
durante una gara – pregiudicando così la prestazione – è il fenomeno
dell’over-thinking.
Quando sottoposti a situazioni stressanti molti giocatori
(ma anche studenti durante un esame o manager durante una annata difficile per
la loro azienda) invece di agire nel modo in cui hanno sempre fatto, si
lasciano prendere da mille pensieri sul cosa stanno facendo e sul come devono
farlo, condannandosi da soli al fallimento (si vedano gara 1, gara 2 e gara 3
della NBA Finals 2015 tra Golden State e Cleveland per avere una dimostrazione
pratica di come l’over-thinking stesse condannando Golden State alla sconfitta).
Oltre questo ci sono altre due cause principali che portano
al choking:
-l’incapacità di assumersi le proprie responsabilità,
-l’eccessiva fiducia in se stessi che si trasforma in
cecità.
Come detto ciò accade a “molti giocatori”, ma non a tutti.
Esiste infatti una piccola parte di noi che sotto pressione,
in situazioni stressanti e apparentemente senza via d’uscita, riesce ad
eccellere.
LA NORMALITA’ DELL’ESSERE SOTTO PRESSIONE
Questi atleti, questi giocatori sono capaci di essere performanti anche nei momenti difficili, anche contro avversari sulla carta più quotati. Sanno mantenere e innalzare il livello della loro prestazione sotto pressione, sanno come contagiare emotivamente i compagni di squadra al fine di tenere alto il livello di impegno e di sforzo collettivo.
Sono queste caratteristiche che non solo definiscono i clutch performer – come vedremo nei paragrafi seguenti – ma che delineano anche i grandi leader che sanno convincere i gruppi di valore a compiere quello sforzo in più per raggiungere traguardi importanti.
ESSERE CLUTCH
Cosa significa quindi essere un clutch performer?
Detto in modo molto semplice essere clutch significa
possedere l’abilità di fare ciò che si fa normalmente anche quando si
affrontano situazioni che ci mettono sotto pressione (Sullivan, 2010).
Quando Roger Federer nel 2009 vinse 16-14 il quinto set e la
finale di Wimbledon (contro Andy Roddick) ridiventando così il numero 1 del
ranking ATP, si dimostrò clutch non solo per la vittoria in se, ma per il fatto
che ebbe la forza mentale (e poi fisica) di combattere per quattro ore contro
un avversario che si dimostrava capace di rispondergli colpo su colpo
(Sullivan, 2010) [si veda https://it.wikipedia.org/wiki/Torneo_di_Wimbledon_2009].
Quando Eli Manning, quaterback dei New York Giants, si trovò
sotto di 4 lunghezze nel Superbowl XLII, nel 2007, a due minuti dalla fine ed
ebbe la capacità di lanciare Plaxico Burress nella end zone e far così
trionfare 17-14 la sua squadra, si dimostrò clutch non solo per la vittoria in
se, ma per aver trovato la forza mentale di continuare a giocare al suo livello
anche davanti alla prospettiva di una sconfitta ormai certa contro la squadra
favorita (Sullivan, 2010) [si veda https://it.wikipedia.org/wiki/Super_Bowl_XLII].
Entrambi hanno trovato il modo di raggiungere il proprio
obiettivo nonostante lo stress del momento.
E’ possibile per noi essere clutch come loro?
Diventare dei cluch performer è un processo lento, lungo,
regolato da regole precise, che richiede da parte nostra una devozione totale
(Sullivan, 2010. Markman and
coll., 2006).
LA VIA DEL CLUTCH PERFORMER
Gli esempi di Federer e di Eli Manning chiariscono un primo
importante aspetto dell’essere clutch: la fortuna non c’entra con la capacità
di essere performanti sotto pressione (Sullivan, 2010).
Essere clutch è un’abilità che si può imparare e migliorare
per tutto il corso della propria vita ed è un’abilità che va allenata in ogni
campo in cui ci applichiamo: ecco perché molte persone sono dei grandi clutch
player, ma non diventano clutch coach e crollano nei minuti finali della gare
punto a punto (o di qualunque altra performance).
Un secondo aspetto importante è che prima di iniziare un
qualsiasi compito (performance sportiva, scolastica, professionale) dobbiamo
avere chiaro l’obiettivo che vogliamo raggiungere.
Nel suo libro “Clutch. Why Some People Excel Under Pressure
and Others Don’t”, Paul Sullivan identifica 5 caratteristiche principali che
tutti i clutch performer da lui studiati possiedono.
1 – Il Focus
Tra tutte questa è la caratteristica più importante e,
probabilmente, la più difficile da allenare, in quanto è facile confondere il
Focus con la concentrazione (concentration).
La concentrazione porta al self-focus, che porta
all’over-thinking, che porta alla rovina della prestazione perché invece di
farci “semplicemente performare come sempre fatto” ci fa interrogare sui
dettegli di cosa stiamo facendo e di come dobbiamo farlo.
Al contrario il Focus è un processo che non altera la
prestazione, ma la espande, la rende naturale e capace di adattarsi.
Invece di farci rovinosamente concentrare su cosa e come
agire, il Focus ci permette di seguire la strada che avevamo precedentemente
tracciato (ad allenamento) anche sotto pressione.
Come?
- Facendoci focalizzare (ossia ponendo il nostro Focus) solo
su un piccolo semplice dettaglio alla volta,
- facendoci focalizzare solo sul prossimo passo da compiere,
- facendoci entrare “nella bolla” da cui escludiamo tutti i
pensieri che ci distolgono dalla nostra prestazione e dal nostro obiettivo(per
esempio: pensare alla reazione del pubblico o di qualcuno per noi importante;
congratularci con noi stessi per una bella giocata; prendersela con gli arbitri
o un compagno).
2 – Essere disciplinati
Disciplina è vincere la battaglia contro le nostre abitudini
peggiori che ci portano al fallimento. L’avversario è solo uno specchio: la
vera battaglia è contro la nostra forza di volontà.
Per allenare la disciplina è importante trovare qualcosa di
reale (nella prestazione) che possiamo controllare grazie al nostro Focus.
Sbagliare le decisioni sotto pressione avviene perché ci
manca la disciplina di valutare solamente il momento presente ed attuale (che è
anche l’unico reale), escludendo tutte le interferenze dei passati successi ed
insuccessi e delle conseguenze future.
3 – Capacità di adattamento
Ogni prestazione va adattata alla situazione reale nel
momento in cui essa accade.
A volte le cose avvengono come da programma, più spesso
vanno modificate in corso d’opera perché il piano partita ci sta allontanando
dal nostro obiettivo.
Chi ha successo sotto pressione possiede una grande capacità
di adattarsi e riadattarsi alla situazione reale per raggiungere il proprio
obiettivo precedentemente stabilito.
Riadattare significa modificare uno step alla volta, ma non variare l’obiettivo finale.
Il Focus va posto tutto sull’obiettivo da raggiungere e non su un modo specifico in cui lo si vuole raggiungere. E va posto su ciò che possiamo fare e non su ciò che è andato storto.
Riadattare significa modificare uno step alla volta, ma non variare l’obiettivo finale.
Il Focus va posto tutto sull’obiettivo da raggiungere e non su un modo specifico in cui lo si vuole raggiungere. E va posto su ciò che possiamo fare e non su ciò che è andato storto.
4 – Essere presenti (mentalmente)
Essere presenti è uno stato mentale frutto delle tre
caratteristiche precedenti.
Non solo: è quella capacità di essere pronti ad adattarsi e
a superare qualsiasi evento ci capiti. E’ uno stato mentale e fisico di
profonda consapevolezza che ci prepara a rispondere, in modo funzionale al
nostro obiettivo, a qualsiasi cosa ci accadrà.
Essere presenti significa non pensare al successo o al
fallimento. Significa non pensare all’azione appena terminata e alle azioni
future.
Significa farsi prendere dall’azione presente e agire in
modo naturale con il fine di raggiungere il proprio obiettivo.
5 – Trovare il giusto equilibrio tra la paura e il desiderio
La paura di fallire e il desiderio di avere successo sono
contemporaneamente dei grandi motivatori e inibitori della prestazione (per
citare Rudyard Kipling sono
“dei grandi impostori”).
La misura in cui motivano o inibiscono è soggettiva e
dipende dalle reazioni del vissuto di ognuno di noi a ciò che entra
prepotentemente nella scena della nostra performance.
La via di mezzo tra il desiderio di performare nel modo
migliore e la paura di venire risucchiati in precedenti scenari perdenti è il
miglior motivatore durante i momenti di grande pressione.
(Mod. da Sullivan, 2010)
Queste 5 caratteristiche vanno coltivate ed allenate
quotidianamente, affinché diventino la nostra abitudine neurale preferenziale
quando performiamo sotto pressione.
E’ noto di come i grandi performer sono quelli che non si
accontentano mai del livello di prestazione che raggiungono, ma usano ogni
occasione per elevare le proprie abilità e competenze: “gli esperti “
predispongono “degli esercizi in cui l’obiettivo da raggiungere superi il loro
attuale livello di prestazioni.” (Goleman, 2013)
COME ESSERE PERFORMANTI SOTTO PRESSIONE
Il compito più delicato di noi coach è, a mio avviso, quello
di rendere la performance del giocatore (performer) così completa da avere
successo soprattutto sotto pressione.
“Giocare bene” non significa nulla se nei momenti più
logoranti (nel caso del basket negli elimination game, nei minuti finali di
gare punto a punto, nelle azioni in cui il difensore difende in modo perfetto)
il giocatore e la squadra non riescono a raggiungere l’obiettivo e la
performance subisce un calo di qualità ed efficacia.
Il giocatore per essere performante deve essere consapevole
dei contenuti del suo bagaglio tecnico e deve apprendere come padroneggiare i
fondamentali in modo perfetto fino ad arrivare a fidarsi di loro anche sotto
pressione.
Se avrà dei dubbi riguardo se stesso il Focus diventerà
over-thinking è il fallimento sarà dietro l’angolo.
Perché ciò avvenga è necessario semplificare la prestazione
individuale e di squadra e insegnare ciò che davvero serve per raggiungere gli
obiettivi (usando il modello di gioco).
Dale Lynch – uno dei golf coach più famosi d’Australia – ci
viene in aiuto identificando 5 punti su cui lavorare affinché il giocatore
diventi competitivo sotto pressione [si veda anche http://www.nytimes.com/2009/08/27/sports/golf/27pressure.html?_r=0].
1 - La tecnica: come detto la tecnica del performer deve
essere così solida da resistere anche sotto pressione.
2 - La condizione fisica: se un giocatore si stanca è
impossibile possa essere performante (e quindi “nella bolla”) negli ultimi
minuti di una gara.
3 - Le simulazioni sotto pressione: il giocatore deve
apprendere da subito l’esecuzione migliore di un gesto tecnico e non
accontentarsi di approssimazioni. Enfatizzare la qualità dei gesti sulla
quantità.
4 - Costruirisi una routine chiara, solida ed efficace. Ciò aiuterà
il Focus sotto pressione.
5 - Avere successo in trasferta: spesso le gare decisive non
si giocano sul campo di allenamento o di casa (pensiamo ai giocatori di golf,
di tennis, alle competizioni internazionali o a chi fa gli esami di maturità o
universitari) e questo non può essere una scusa per non raggiungere gli
obiettivi.
A tal proposito è interessante ciò che un gruppo di
ricercatori hanno scoperto analizzando più di 1,3 milioni di possessi e di
300,000 tiri liberi di giocatori della NBA, nelle stagioni dal 2005 al 2010,
durante i minuti finali delle partite (Goldman et coll., 2012).
Durante i cluth moment delle partite la squadra in trasferta
tira i liberi meglio di quella di casa (il pubblico di casa incrementa la
pressione percepita dai giocatori ed aumenta così il loro self-focus).
Al contrario la squadra di casa prende più rimbalzi
offensivi di quella in trasferta: il pubblico in questo caso sembra aumentare
l’impegno dei giocatori nei momenti finali e decisivi delle partite (Goldman et
coll., 2012).
Questi due dati sono importanti se utilizzati per insegnare
ai giocatori a mantenere la performance al livello massimo, sotto pressione,
“dentro la bolla”, lasciando fuori l’idea che il campo in cui si gioca
influenzi la performance.
CONCLUSIONE
Come visto essere performanti sotto pressione è prettamente
una questione di allenamento.
E’ uno stile di vita, un modo di vedere ogni fatto che ci
capita.
Fuggire alla pressione cercando scorciatoie o aspettando che
le situazioni passino e si risolvano da sole, può essere una strategia, che
però ci indebolisce.
La consapevolezza di non essere capaci di agire al meglio
nelle circostanze difficili, col tempo scava profonde cicatrici tra le
connessioni dei nostri neuroni rinforzando i circuiti che ci descrivono nervosi
e preoccupati ed alimentando questo circolo vizioso.
Ma spezzarlo è possibile.
I clutch performer hanno appreso come fare.
Assumendosi le proprie responsabilità, restano aggrappati
alla loro prestazione, imparano dagli errori e trovano nuove risorse per
eccellere, dimostrando che il cambiamento in positivo è realizzabile e spesso
contagioso in qualsiasi campo lo si voglia applicare.
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Prima pubblicazione online: 11 giugno 2015
FONTI
Goldman M., Justin M. Rao J. M. – Effort vs. Concentration: The
Asymmetric Impact of Pressure on NBA Performance – MIT Sloan Sports
Analytics Conference, 2012
Goleman D. – Focus – Bur, 2013
Markman A.
B. , Maddox W. T. , Worthy D. A. – Choking and Excelling Under Pressure – Association
for Psychological Science Volume 17, Number 11, 2006
Markman A.
B. , Maddox W. T. , Worthy D. A. – Choking and Excelling at the Free Throw Line
– The International Journal Of
Creativity & Problem Solving, 19(1), 53-58, 2009
Otten M. – Choking vs. Clutch Performance: A Study of Sport Performance Under
Pressure – Journal of Sport and Exercise Psychology, 2009, 31, 583-601
Sullivan P. – Clutch. Why Some
People Excel Under Pressure and Others Don’t – Penguin, 2011
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